martedì 29 marzo 2016

Dream Theater Live Report

DREAM THEATER presents:
The Astonishing Live @Arcimboldi - 18 marzo 2016

Report by Bene (The Sentinel)

Pogo o non pogo, birra o non birra... questo è il dilemma che ha certamente attanagliato anche i fan più accaniti del Teatro del Sogno quando hanno scoperto che i magnifici cinque avrebbero suonato in un Teatro da Sogno. Quindi niente Mediolanum Forum, che nonostante la mission sempre impossibile di uscire dai parcheggi avrebbe garantito buone probabilità di accaparrarsi i biglietti anche agli indecisi dell’ultimo minuto. Invece i rischiatutto come me avevano già in mano il fatidico pezzo di carta dopo poche ore dall'apertura delle vendite, mossi dal terrore di un immediato sold out agli Arcimboldi che è puntualmente avvenuto. In questo emozionante momento nessuno conosceva ancora il titolo dell’album in arrivo, figuriamoci il contenuto. Dopo qualche tempo è stato svelato l’arcano, ovvero un concept diviso in due cd, pardon, in due atti, che sarebbe stato eseguito dalla prima all’ultima nota in ogni tappa del tour. Più teatrale di così…

Veniamo quindi alla serata tanto attesa: alle otto e mezza in punto le luci degli Arcimboldi si spengono e dalle nostre comode poltrone cominciamo un viaggio in “Images and Words” nella storia scritta dal buon John. I suoni metallici di Descent of the Nomacs ci immergono subito nell’atmosfera futuristica e distopica del Great Northern Empire dominato dal perfido Lord Nafaryus, in cui la musica non è più una forma d’arte prodotta dalla creatività umana bensì un insieme di suoni elaborati appunto dalle noise machines, le otto sferette raffigurate sulla copertina dell’album. Ma per fortuna c’è il nostro eroe, Gabriel, che dopo la splendida strumentale Dystopian overture con un Rudess in grande spolvero, fa la sua comparsa sulle note di The gift of music. Lui è infatti il prescelto nel villaggio di Ravenskill, l’unico che possiede il dono della vera musica e può fare da contraltare ai suoni asettici delle noise machines. Purtroppo la voce di LaBrie si dimostra abbastanza sofferente soprattutto su alcuni passaggi, ma bisogna considerare l’inevitabile difficoltà nel passare di volta in volta dal timbro neutro di Gabriel a quello basso e cupo di Lord Nafaryus oppure a quello femminile di sua figlia in Act of Faythe. Fra gli highlight del primo atto c’è sicuramente l’anthemica Brother, can you hear me?, dialogo fra Gabriel e il fratello Arhys, capo dei ribelli di Ravenskill. La Tempting offer a cui quest’ultimo viene sottoposto dal cattivissimo Daryus, figlio di Nafaryus, è veramente diabolica e lascia per un attimo con il fiato sospeso chi ancora non sa come andrà a finire. L’attenzione ora è tutta per Petrucci, che con il suo maestoso assolo sul finale di New beginning si conquista meritatamente gli applausi dell’intero teatro. Dopo questo attimo di tripudio, The road to revolution chiude il primo atto con una pausa di circa quindici minuti.

Il secondo atto rivela il destino di Arhys, in un crescendo drammatico che dopo la nuova fastidiosa incursione dei Nomacs rappresentata da 2285 Entr’acte raggiunge con Moment of betrayal, The path that divides e The walking shadow i momenti di pathos più alti. Il drumming di Mangini diventa forsennato, le luci sul palco si tingono di rosso e le immagini del combattimento fra Daryus e Arhys in cui quest’ultimo perde la vita per non averci fanno davvero entrare in un’altra dimensione, che dal solo ascolto del cd non è percepibile fino in fondo. Le immagini della carneficina danno spazio a proiezioni più tranquille e al messaggio di speranza di Whispers on the wind e Hymn of a thousand voices, seguite dal momento topico assoluto della serata: Our new world, l’unico pezzo cantato dall’inizio alla fine in piedi da tutto il pubblico su esplicito invito di LaBrie. L’ultima breve incursione dei Nomacs con Power down lascia spazio alla summa dell’intero disco, ovvero Astonishing, che chiude le due ore e mezza di concerto con la precisione di un orologio svizzero.

Chi si è illuso fino all’ultimo di veder strappare ai Dream Theater una “Pull me under” piuttosto che una “The spirit carries on” sarà rimasto deluso, perchè tutto ciò che i nostri riescono a strappare sono nuovi applausi quando rientrano sul palco con le luci ormai praticamente accese. Qualche sorriso e scambio di battute in più non avrebbe certo guastato, ma sono abbastanza certa che nonostante tutto la maggior parte dei presenti sia uscita soddisfatta dagli Arcimboldi.

Sul livello tecnico del gruppo c’è ormai ben poco da dire: oltre alla forma smagliante di Petrucci, a fare la parte del leone sono un Mangini che ormai non fa rimpiangere Portnoy e un Rudess che con la sua tranquillità zen regala sempre dei momenti indimenticabili. Il povero Myung, ovvero la discrezione fatta persona, su questo album si sente ancora meno rispetto al solito e conferma questa sensazione in sede live. La Brie non ha più la voce di un trentenne e anche se l’ho sentito cantare meglio in altre occasioni fa il suo più che decorosamente, con una performance a mio avviso migliore nel secondo atto rispetto al primo.

Tornando all’amletico quesito iniziale, io ho le idee chiarissime. Niente pogo, niente birra ma soprattutto niente fastidiosi selfie o telefonini a causa del severissimo divieto di fotografare si sono rivelati la scelta migliore per farci assaporare pienamente il Dono della Musica che i Dream Theater continuano a regalarci album dopo album.

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